lunedì 12 giugno 2017

Città vuota

Arriva l'estate, la senti nell'aria.
Il profumo del mare e dei fiori colorati ci risveglia al mattino e ci culla la notte quando lasciamo le finestre aperte.
La sentiamo l'estate, nonostante la perdita della nostra natura umana che ci farebbe capire dall'odore della terra se fuori ha piovuto invece di collegarci al meteo nazionale, che dico, dell'intero globo terrestre.
C'è fermento nell'aria, tutti si apprestano a fare e organizzare non si sa bene cosa, programmano bagni al mare e gite in pineta, o magari anche un lungo viaggio che li porti via lontano per un mese intero.
Altri invece ci accontentiamo di un'amaca in giardino o anche soltanto di un tavolino con due sedie nel nostro balconcino di casa per ululare alla luna nelle serate più stellate.
Ad un tratto i paesini di mare si riempiono e i pescatori vengono turbati nella loro abituale quiete invernale;
Il rumore degli avventori disturba il loro dialogo con il mare, chissà cosa si confidano, chissà quali sono i loro segreti che sussurrano alle sirene quando lasciando i profondi abissi si affacciano timide.
Così pian piano la città si svuota.
Le strade deserte ci accolgono la sera avvolgendoci in un  silenzio quasi solenne che regala voce ai pensieri.
Ricordo il rientro delle vacanze da bambina, aspettavo ogni anno quel silenzio magico della mia città che mi attendeva immobile, fedele.
I palazzi mi guardavo dormienti schiudendo appena le palpebre e gli alberi sembravano chinare le loro chiome al mio passaggio.
Quegli istanti, quei momenti freschi che cercavo di portare con me su a casa per farne tesoro.
Dove sono rimaste quelle sensazioni di quando le maniche corte le indossavi a fine giugno e le prime ciliegie ammaccate coloravano la tavola di rosso chiaro?
Dove sono le stagioni?
Tutto sembra essersi mescolato in un cocktail inodore dal gusto indistinguibile.
La strada ferrata della mia città è quasi deserta e la stazione abbandonata, custode di sguardi e frasi sussurrate poco prima della partenza.
Corriamo tutto il giorno, di corsa sulle scale e poi immersi in un frastuono assordante che ci martella la testa e così poi non siamo neanche capaci di goderci il rumore del mare che si posa leggero sui sassolini.
Mi Piaci città vuota, mi piace il tuo odore, il tuo silenzio.
Mi piacciono i tuoi ricordi delle risate dei ragazzi all'uscita di scuola, amo il tuo abbraccio, la tua grandezza.
Ti amo città vuota, anche quando mi abbandoni lasciandomi sola su un muretto sporco  
e spigoloso.
Ti amo, anche quando mi fai male perché intrappoli con le tue braccia qualche povero diavolo che ti sbraita contro perché non ha nessuno se non te.
Ti amo città vuota estiva, finestra che si schiude e mi guarda con sospetto dal di dentro, vi amo gatto che corteggi la mia luna e rondini che sfrecciate allegre nel cielo blu.
E poi mi tradisci, d'inverno diventi d'improvviso insensibile, fredda e a volte non sei del tutto affidabile, riesci a fare paura quando così frenetica quasi non ti accorgi della mia esistenza.
Mi manchi città vuota quando le urla nervose dei passanti mi attanagliano lo stomaco, e mi manchi quando diventi caotica e sporca di giorno e crudele e buia di notte.
Dovresti smettere di continuare ad ingurgitare tutto ciò che incontri ancora ed ancora senza neanche chiedere cosa metti sotto i denti.
Dovresti smettere di sputare rifiuti ovunque e abbandonare nuvole del tuo fumo che mi intossica e mi toglie il respiro.
Vago per le strade che si intrecciano come grovigli di pensieri senza senso, e tu stai lì, ad attendere misteriosa e affascinante come sempre.

mercoledì 7 giugno 2017

A spasso con Kirby

A Spasso con Kirby
Siamo pronti e profumati per una nuova passeggiata.
Il bagnetto è fatto, il pelo spazzolato e i collarini appesi li sulla porta.
I miei tre cagnolini osservano spesso i guinzagli e pronti all'uso e per come li fissano sembrano quasi impegnarsi a volerli far muovere con la forza del pensiero.
Kirby mi guarda negli occhi cercando approvazione del fatto che tra breve la mia mano si convincerà a compiere il tanto anelato gesto.
Perché non prendi il guinzaglio sembra dirmi, ed il piccolo Harley da bravo cucciolo inizia a guaire sperando che non lo lasci in casa.
Nina(la cosiddetta Lupa) con i suoi 35 kg di morbidezza è già lì che scodinzola ansiosa.
Siamo pronti e appena mettiamo il muso fuori i miei tre bambini a pelo lungo sembrano sorridere.
Annusano i fiori e con le orecchie accarezzate dal tiepido venticello primaverile, sembrano con ogni sguardo che mi lanciano di tanto in tanto, ringraziarmi felici come dei bambini che giocano spensierati al parco giochi.
Passeggiando tranquilli e con lo sguardo dei classici cagnolini viziati, li guardo e mi viene in mente quel famoso giorno di Natale.
Eravamo in città e al caldo delle nostre mura domestiche ci apprestavamo a pranzare.
Focacce e antipasti erano già sulla tavola e il profumo di panettoni fatti in casa e dolcetti allo zenzero si diffondevano nell'aria facendoci pregustare una giornata di relax e gioie.
Era arrivata da due giorni Margot in casa, una cucciola di Maltese ( di mia sorella) bellissima e intelligentissima e tutte le attenzioni e il nostro stupore erano per lei.
Margot, la nipotina a pelo lungo di casa, la principessa morbida e bianca che ci avrebbe intrappolato tra le sue lunghe ciglia.
I bambini di casa piangevano, volevano un cagnolino anche loro, cosa che al momento non ritenevamo una possibilità nelle nostre vite.
D'improvviso suonano al campanello, è la vicina, " per caso il vostro cagnolino è scappato?"
Il nostro cagnolino? Fuggito?
" non abbiamo cagnolini"...
C'è un cucciolo sugli scalini di casa vostra, ci dice indaffarata e premurosa la signora Lia.
In un battibaleno ci precipitiamo veloci giù per le scale per andare a vedere con i nostri occhi di cosa si tratta.
È infreddolito, sporco, indolenzito e sembra molto debole a causa della fame.
È il piccolo Kirby , un pechinese imperiale che in questo momento di regale non ha proprio niente, anzi, gli manca il pelo in tutto il corpo e sembra essere malato e sofferente.
Mi guarda profondamente negli occhi, vuole capire, vuole sapere se si può fidare di noi.
Lo invitiamo ad entrare e la sua incertezza è il risultato di tutti i traumi che deve aver subìto.
Scodinzola nervoso e affaticato decide a testa bassa di entrare.
"Forse questa volta mi andrà meglio, forse ad un gesto  di carezza non  seguirà un colpo in testa o sul mio musetto"
I pensieri di Kirby si susseguono velocissimi come i battiti del suo cuoricino.
Ha una tristezza negli occhi che soltanto guardarlo disarma, colpevolizza solo per il fatto che un mio simile deve avergli fatto qualcosa di veramente brutto oltre ad averlo abbandonato.
Finalmente si rifocilla con una pappa calda e della buona acqua fresca.
È riconoscente, glielo leggo sul faccino, con il suo nasino nero a ciliegia e la boccuccia aperta che sembra sorridere e ringraziare.
Aveva una casa, una cuccia e quando la sua padroncina rientrava a casa dal lavoro, il cuore gli batteva forte e lei era tutto il suo mondo.
Amava fare con lei le passeggiate e farsi coccolare, spazzolare, fare il bagnetto e farsi profumare, ma la cosa più che amava di più in assoluto, il profumo della sua pappa preparata con dolcezza che gli smuoveva già il pancino vuoto.
"Con che amore mi prepara la pappa la mia padroncina, mi adora, non ci lasceremo mai."
Ma un giorno di tempesta, un giorno che di più brutti non poteva immaginare, il povero cagnolino era stato dal dottore, questo gli aveva diagnosticato un tumore ai testicoli e il suo bellissimo manto bianco aveva finito per cadergli in breve tempo.
La sua padrona lo aveva preparato come sempre per la passeggiata quella volta, che strano però, sembrava più tesa del solito, pareva sfuggire lo sguardo del suo amato cagnolino ed evitava di accarezzarlo e coccolarlo tra le sue braccia.
C'era stata una lunga discussione in casa con glia altri componenti del "branco" ma lui non ne aveva afferrato il significato, aveva solo capito che riguardava lui però.
Era lui l' oggetto della tanto animata discussione.
La guardava negli occhi mentre lei guidava velocemente senza porgergli neanche un sorriso.
Kirby pensava che era una gita a sorpresa, doveva necessariamente essere così, non conosceva il posto, gli odori gli erano del tutto nuovi.
Certo un posto strano per un picnic, non ci sono alberi, uccelli o farfalle da inseguire, solo molte auto e frastuono.
Lo aveva fatto scendere dall'auto, lo aveva accarezzato con le lacrime agli occhi e gli aveva detto di aspettare li che sarebbe tornata.
Aveva detto proprio così, stai buono piccolino, tornerò presto a prenderti e poi, senza più voltarsi indietro se n'era andata lasciandolo li.
Le ore erano trascorse ed anche la notte.
Non capiva cosa stesse accadendo, eppure lui era stato buono, aveva aspettato in silenzio e senza muoversi, così come gli aveva detto lei prima di andare via.
Forse aveva avuto un'emergenza, una distrazione per la quale lei si era dimenticata del suo migliore amico, del suo cagnolino.
Kirby non riusciva a capire, di lei nessuna traccia, non c'era il suo profumo nell'aria, e neanche il suo dolce timbro della voce.
Il suo pancino brontolava ed anche la notte stava già per colorare di blu il cielo.
Non può essere vero si diceva il piccolo cane, forse troverò un po' di acqua e qualcosa da assaggiare, mi sposterò poco, così quando lei tornerà mi troverà.
Iniziava a zoppicare e non riusciva a trovare nulla di familiare intorno a lui.
Ricordava qualche odore e gli sembrava di aver fatto quella stessa strada in auto ma le auto sfrecciavano e lui non si era mai trovato da solo in una grande città.
È Natale, forse un angioletto mi prenderà e mi farà trovare qualcuno che mi aiuti.
E andò proprio così, difficile a credersi ma quel giorno era per tutti noi l'inizio di una nuova vita, Babbo Natale ci aveva regalato un cagnolino fantastico che avrebbe riempito i nostri cuori di gioia e da quel momento come in una favola meravigliosa, tutti vissero felici e contenti.

lunedì 5 giugno 2017

Riflessioni lontane " in un Giorno Di Sole Qualunque "

Noi siamo così.
Siamo forti e non ci pieghiamo facilmente. A volte la vita ci porta dolori, problemi, ingiustizie, a volte ci dicono che siamo il sesso debole, ma lo sappiamo bene solo  noi che non è così, non siamo deboli, non siamo indifese, siamo semplicemente donne.
Forse siamo troppo ingenue a volte e tendiamo a fidarci e a perdonare, ci facciamo urlare contro, deridere e addirittura a volte riusciamo a perdonare se non ci sfiorano con un fiore  ma ci massacrano con dei calci.
Non so se la debolezza stia proprio nel perdonare o è la forza che sta nel riuscire a farlo.
Mi viene in mente il concerto di Manchester di ieri organizzato dopo i fatti degli ultimi attentati da Ariana Grande.
Ancora una donna, una ragazza di ventiquattro anni che nonostante tutto si rialza e canta di pace ed amore, che aldilà della giovane età è riuscita a coinvolgere Big della musica inglese, che certo, hanno anche agito per una giusta causa. Pensavo che forse poteva essere una buona propaganda per lei o per l'etichetta discografica un evento del genere, ma poi quell'atmosfera di ieri mi ha incantata, quelle lacrime di lei venivano giù dal cuore e non dal viso.
Se solo si riuscisse tramite la musica e per mezzo di chi ha la possibilità a far cambiare qualcosa in questo mondo.
Non è concepibile continuare a vivere pensando che da un  momento all'altro si può essere schiacciati come delle formiche mentre passeggi lungo il London Bridge.
Non piangeva solo Ariana ieri al concerto, piangevano migliaia di persone, di teenager, e le loro lacrime erano urla disperate di dolore per un mondo che si sono trovati così come era senza che nessuno lo avesse mai chiesto né voluto 
Ci sentiamo impotenti, questa è la verità, e forse lo siamo, ma che l'unione fa la forza è anche una grande verità.
In un Giorno Di Sole Qualunque 
E ancora si muore? Ancora si spara e gli attentati annientano i momenti di gioia puri, mortificano la vita.
In una giornata  di sole come questa mi ero preparata già all'idea di andare al concerto con lui, ci sarebbe stata  di certo la nostra canzone, quella di Ariana che fa "Let me love you"
I miei si sono convinti, finalmente questa sera mi manderanno da sola con lui, ho compiuto solo ieri 17 anni e mi sento pronta ad affrontare la vita come se fossi nata nuovamente, mi sento cresciuta, mi sento una donna.
Ieri mio padre ha cercato di convincermi a portare con me anche mio fratello più piccolo, ma mia madre per fortuna non è stata d'accordo.
Finalmente saremo soli io e lui, certo in mezzo a 20mila persone!
Mi sono fatta bella stasera ma ho preferito un abbigliamento semplice, un top bianco con delle paillettes azzurre e un paio di jeans strappati.
Ho indossato la collana che mi ha lasciato mia nonna prima di morire, la porto sempre con me.
C'è una splendida temperatura fuori e il profumo della primavera mi fa battere forte il cuore.
Andiamo con la metro, mano nella mano, ci fissiamo intensamente io e il mio ragazzo e noto che anche lui si è curato nei minimi dettagli con il gel nei capelli e la camicia bianca di cui ha lasciato sbottonati i primi due bottoni. 
Siamo in largo anticipo e la folla in treno ci preme .
Saremo stretti come sardine (in scatola tipica espressione antiquata di mia madre) all'Arena di Manchester, ma forse sarà più bello così, e avremo la scusa di tenerci stretti.  
Sono emozionata, si comincia a sentire il tipico fermento di quando allo stadio sta per cominciare la partita del cuore e finalmente sta per entrare il nostro idolo al concerto.Ariana Grande dopo ore di attesa 
È lei, eccola, la vedo da lontano tra la folla che spinge ed esulta.
È bellissima e le sue canzoni mi danno i brividi.
Il mio ragazzo mi tiene stretta quasi a proteggermi dal resto del mondo e tra le sue braccia la gente intorno sembra quasi non esistere .
Una splendida giornata questa, non la dimenticheremo mai per tutta la vita gli sussurro all'orecchio, mentre lui mi accarezza il viso e mi bacia.
La Musica vola alta nel cielo ed io all'improvviso mi sento come se stessi sospesa in aria. Sono emozionantissima, sta iniziando una nuova vita per me, ne sono sicura.
Certo, mi mancano i miei genitori e mio fratello e sono certa che anche se è un po' stancante il concerto, alla fine sarebbe piaciuto anche a loro.
Si sarebbero lamentati della confusione,  di noi giovani e della nostra maleducazione, ma la mamma sotto il suo cappello avrebbe riso orgogliosa di sua figlia innamorata della musica.
Ho comprato dei gadget per loro, due magliette ed un bracciale per quello scemo di mio fratello che troverò imbronciato al mio rientro.
La calca sta aumentando guidata dall'entusiasmo, il concerto è quasi finito e sembrano esserci urla di protesta. Avverto dei boati, forse dei fuochi di artificio, mi volto e per un attimo vedo stravolto lo sguardo di Tom, mi urla qualcosa ma si è allontanato risucchiato dalle persone ed io non riesco a sentirlo.
Voglio raggiungerlo a tutti i costi ma delle urla di orrore raggiungono prima me indebolendomi.
Non ci sento, non vedo più nulla, solo parte del  mio top bianco macchiato di rosso e i miei jeans che sembrano essere stati dilanianti da una belva.
Mi lascio cadere a terra, mi manca il respiro e credo di non sentire più i miei arti.
Tom urla e cerca di raggiungermi ma il fiume di gente che corre lo trascina.
La sua camicia strappata, l'ultima cosa che noto.



Era una splendida serata la nostra, un primo giorno di vita nuova, una calda serata di primavera ed ora, guardo tutto dall'alto come una mongolfiera, sospesa  immobile pronta per un lancio di sola andata...